Danza in movimento: nulla è impossibile, anche in tempo di pandemia

Racconto di fine corso

TESTIMONIANZE // Fiorella è una delle istruttrici dell’attività di “Danza in movimento”, che da anni gli amici dell’ASD Ballo Anch’io curano per i ragazzi del nostro Centro diurno “Cure Familiari di Via Paoli. Ogni anno, durante la Festa di primavera dei Centri, arriva il momento del saggio di fine lezioni. Ed è lì che ci rendiamo conto ogni volta di quanto la danza, per tutti loro, sia una scorciatoia per la felicità. Quest’anno il Covid ce la messa tutta per allungare un po’ quella scorciatoia, ma come spiega Fiorella nel suo racconto di fine corso, nulla è impossibile se ci si pone le domande giuste…


È all’incirca metà febbraio quando ricevo con grande sorpresa una telefonata dell’ASD Ballo Anch’Io. Mi dicono che la Cooperativa Paradigma vorrebbe riprendere le lezioni di danza rimaste in sospeso all’inizio della pandemia, ma bisogna capire se sia fattibile o meno. Chiamo Paradigma e mi raccontano della loro organizzazione stravolta dall’emergenza Covid, fra acrobazie varie per cercare di portare avanti il lavoro con i ragazzi.

Mi dicono che l’attività sarebbe fattibile a condizione di suddividere la consueta ora di lezione in tre lezioni da 15-20 minuti l’una da tenere con mini gruppi di utenti della stessa “bolla”, e da svolgere migrando da un piano all’altro dell’edificio. Il tutto tenendo ovviamente presenti divieti e obblighi del caso: mascherine, igienizzanti mani, distanziamento, assenza di contatto, niente condivisione di materiali, ecc.

Scommessa accettata

Ascoltando quelle parole mille punti interrogativi circolavano nella mia testa, assieme a una buona dose di sconforto e perplessità circa la possibilità di riuscire a combinare qualcosa in quelle condizioni. Ma la fiducia nelle risorse creative della danza, il bisogno di tornare al corpo e al movimento a dispetto delle restrizioni sanitarie e il principio del “meglio poco che niente” mi hanno fatto accettare questa scommessa. Fra marzo e giugno 2021 abbiamo realizzato 13 lezioni di danza con ogni gruppetto. Il primo era una coppia formata da me e una danzatrice in carrozzina, il secondo comprendeva due baldi giovani e un’operatrice, il terzo due dame, un cavaliere e due operatori. Ci sono voluti un paio di incontri per prendere le misure, per lasciare la strada maestra e orientare lo sguardo verso modalità di lezione alternative, adattandole alle caratteristiche di ogni gruppo. La grande voglia di tornare a danzare, emersa subito con forza e vitalità, ha alimentato e sostenuto questa ricerca.

Ho sentito la mancanza di

Ciò di cui ho più sentito la mancanza rispetto agli anni passati è stata l’energia del gruppo, grande attivatore di risorse e traino per quei danzatori diesel che ci mettono un po’ di più a carburare. Insieme al grande gruppo è mancata la ricchezza e la varietà delle interazioni, che offrono spunti di movimento, che motivano alla partecipazione, favoriscono il flusso delle emozioni, contagiano il buon umore. Ho poi sentito la mancanza di un tempo per il riscaldamento e per il defaticamento, un tempo per l’ingresso e un tempo per l’uscita dall’attività, per poter accogliere le necessità del qui e ora e permettere a ciascuno di inserirsi nelle proposte con la giusta gradualità. Con il procedere delle lezioni ho sentito anche la mancanza del saggio di fine anno, non tanto per l’evento in sé, quanto per la sua funzione di obiettivo che stimola e orienta alla strutturazione di un movimento di gruppo.

Il rovescio della medaglia

Come sempre accade, limiti e mancanze regalano un rovescio della medaglia, che ho potuto scoprire proprio in questo anno particolare. Le lezioni in piccolo gruppo hanno permesso un lavoro più individualizzato, con maggiori possibilità di valorizzare l’originalità di ciascun partecipante, con le sue risorse e i suoi interessi, alla ricerca della giusta chiave d’accesso per ognuno. Le dimensioni contenute hanno favorito ancor di più un contesto in cui anche nelle “giornate no” ogni danzatore potesse trovare un proprio modo di stare in gruppo. Essere in pochi mi ha permesso di prendermi meglio cura della relazione con ciascun partecipante, aspetto che nel tradizionale gruppone ho spesso delegato agli operatori. Ciò mi ha permesso di aumentare l’attenzione verso l’intenzione espressa nei piccoli gesti, in quei movimenti sottili e quasi impercettibili che sfuggono a uno sguardo poco presente. Non doverci preoccupare di preparare la coreografia di fine anno mi ha concesso di stare ancor più nel processo, al di là del prodotto.

A ognuno il proprio posto,
a ognuno il proprio modo

Con i danzatori più restii a lanciarsi nel movimento è stato possibile giocare sul piano della relazione, nel tira e molla, del “me ne vado e del non mi lasciare”, fra tentacoli di polpo ed effetto molla, fra incontri di sguardi e sorrisi luminosi. Con gli appassionati di classici Disney è stato possibile riscoprire colonne sonore dalle sonorità degne di grandi orchestre. Con gli amanti della musica dance e commerciale è stato possibile scatenare DJ set energizzanti e rigeneranti. Con gli intenditori di valzer volteggiare nello spazio con leggerezza e rilassamento.

C’è chi ha trovato il proprio posto nel gruppo con piccoli movimenti di una mano, chi stando vicino alla finestra con lo sguardo rivolto al mondo fuori dalla sala, chi cantando al microfono, chi sedendosi al centro della sala con gli altri danzatori intorno. Di lezione in lezione, nel ripetersi di semplici sequenze e nel ritorno di brani familiari, ritmi ed esigenze apparentemente inconciliabili hanno trovato punti di incontro, dando vita a momenti di coreografia di gruppo.

La dimensione del possibile

Il più prezioso insegnamento dell’esperienza di quest’anno è stato la dimensione del possibile. I limiti imposti dalla pandemia mi hanno aiutata a trasformare la domanda É possibile fare questa cosa o no?”, che prevede risposta una binaria – sì o no -, nel quesito “Che cosa è possibile fare in queste condizioni?”, che apre a risposte molteplici e creative. Perché uscendo dalla trappola degli schemi abituali dati per veri, dei preconcetti e del confronto con quanto ritenuto la norma, qualcosa è sempre possibile fare. L’alternativa esiste, resta solo da aprire lo sguardo all’orizzonte sospendendo le aspettative, accogliendo ciò che arriva, stando nella bellezza della semplicità. 

Grazie alla danza, che con la sua flessibilità e la vitalità del movimento risveglia risorse dormienti. Grazie a Ballo Anch’Io e a Paradigma per averci creduto. E grazie a tutte le danzatrici e ai danzatori che quest’anno hanno reso bello e possibile ciò che sembrava impensabile.

Fiorella Rubino

#InsiemeSiamoComunità

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