Da educatrice a coordinatrice: il viaggio di Maria Grazia con “Legàmi Familiari”

“Mi vedo come una spugna. Assorbo emozioni, contributi, paure…”

Era il novembre 2022 quando la comunità “Legàmi Familiari” apriva le sue porte. La Fabbrica del Chinino diventava finalmente casa per 10 persone con disabilità, un momento atteso che segnava l’inizio di una nuova avventura.

A guidare quel grande passo c’era Maria Grazia, che di Legàmi era – ed è – la coordinatrice. Il suo viaggio, dalla sua prima esperienza come educatrice alla responsabilità di coordinatrice, racchiude storie di crescita, sfide affrontate con un po’ di sana paura ma tanto coraggio, sempre tessendo quella trama di cura che unisce e trasforma la comunità in una famiglia allargata.

Partiamo dal principio: l’inizio del tuo percorso come educatrice… come si arriva a diventare coordinatrice di una comunità?

“Sì parte e si continua imparando: ho iniziato nel 1996 come una tabula rasa, senza esperienza. La mia prima sfida è stata nella comunità di Casa Base a Chieri, dove lavoravo con bambini e ragazzi in uscita da percorsi di vita difficili. Diventare mamma ha poi modellato il mio percorso, portandomi verso l’Educazione territoriale e, dal 2002, ai servizi per la disabilità a Torino, nel centro diurno Cure Familiari di Via Paoli 15”.

Lavorare con – e per – i bambini è sicuramente molto diverso rispetto al tipo di cura che richiede un servizio per persone con disabilità…

Certo, si lavora con un approccio differente. Io iniziavo con un part-time mentre frequentavo la scuola di riqualifica professionale: tanti cambiamenti tutti insieme fin da subito, ma quando sei giovane, e all’inizio di un viaggio, riesci sempre ad assimilare tutto ciò che incontri, trasformando ogni sfida in opportunità. 

Dopo 20 anni passati in quel Centro e un lungo periodo come vice coordinatrice, mi è stata quindi offerta la possibilità di guidare la nuova comunità “Legàmi Familiari”. Lo confesso: all’inizio ero preoccupata per la poca preparazione e per le grandi aspettative, ma pur con qualche paura ho accettato… pronta a voltare pagina per immergermi in questo nuovo capitolo”.

A pagina 1 del nuovo capitolo c’è l’inaugurazione della Comunità, che abbiamo raccontato l’anno scorso.

“Sì, abbiamo inaugurato Legàmi Familiari a novembre 2022 con sei ragazzi, arrivando poi a dieci. Una grande emozione, un sogno che si realizzava dopo più di 2 anni di raccolta fondi e lavori di ristrutturazione… con in mezzo il Covid a rallentarci un po’. Conoscevo già la maggior parte dei ragazzi: frequentavano proprio il mio ex centro di via Paoli…”.

La nuova comunità è stata un grande regalo soprattutto per le loro famiglie.

”Certo! L’abbiamo pensata per loro, per rispondere all’esigenza dei tanti che ci chiedevano “e chi si occuperà di mio figlio un domani che non ci sono più?”. Di noi si fidavano, anche se inserire un figlio in comunità è sempre una scelta dolorosa e difficile, nella quale abbiamo dovuto accompagnarli. Io insieme alla mia giovane équipe.”

Parlaci proprio del lavoro d’équipe, della tua squadra

“Diventare coordinatrice con un’équipe giovane è stata una grande responsabilità. Giovane ma non impreparata: alcuni dei colleghi avevano già lavorato a “Climi Familiari”, la comunità per persone con disabilità che la nostra Cooperativa Paradigma gestisce da molti anni nella vicina Via Paoli 66. Anche grazie a loro, non mi sono mai sentita sola. Certo, la nostra è una comunità più giovane, con ritmi diversi, il che ha richiesto un grande sforzo di adattamento da parte di tutti. Ma l’energia della gioventù è sempre un vantaggio…”.

Quali sono state le maggiori sfide che hai incontrato? 

“Una delle sfide più grandi è stata relazionarmi con i servizi sociali: una necessità nuovissima per me. Anche imparare a gestire il personale ha richiesto molto impegno; ognuno ha le proprie esigenze e ci sono poi le emergenze dell’ultimo minuto da incastrare con la necessità di coprire il servizio 24 h su 24. 

Umanamente forse… la sfida – direi la responsabilità – più grande è quella di essere il riferimento principale per le famiglie dei ragazzi. Il telefono può squillare a qualsiasi ora e non è facile gestire le loro giustissime aspettative… ma diamo del nostro meglio!”.

Come descriveresti con una parola il tuo ruolo di coordinatrice?

“Mi vedo come una spugna. Assorbo emozioni, contributi, paure. È un compito che prevede attenzione costante, come se fossi un riferimento per 10 figli non miei, ma che richiedono lo stesso livello di cura e attenzione. Assorbendo e attutendo le emozioni si contribuisce a dare forma al futuro dei ragazzi e del servizio stesso.”

E oggi quella spugna è ancora più resistente di un anno fa!

“Sì, con il tempo ho messo da parte le mie preoccupazioni. Ogni giorno porta una nuova sfida, ma mi sento più tranquilla e pronta ad affrontarle. Ho imparato a prendermi il tempo per riflettere prima di agire: questa crescita personale è stata una delle soddisfazioni più grandi fino ad ora…”.

Trovarvi al 1° piano della Fabbrica significa essere parte di un più ampio contesto comunitario. Proprio sotto la tua comunità ci sono gli spazi di un centro diurno.

“Sì… e conviverci arricchisce ogni giorno la nostra esperienza. La Fabbrica da sempre non è solo un luogo, ma una comunità vivace, un insieme di servizi che si integrano e sostengono a vicenda. Avere il centro proprio sotto di noi significa poter instaurare un legame quotidiano con un mondo ricco di attività e opportunità, con i colleghi, con le persone che lo frequentano ogni giorno.

Le attività congiunte, come il laboratorio di panificazione o il laboratorio creativo arricchiscono la vita dei nostri ragazzi e creano ponti, abbattendo le barriere tra ‘noi’ e ‘loro’. Questa integrazione ci consente di essere non solo una casa, ma una parte attiva di un organismo più grande che pulsa di vita e di possibilità”.

Un ricordo che porti nel cuore di questi primi 15 mesi?

Il Natale di quest’anno, il secondo per noi. Paola, una delle nostre ospiti, ha 50 anni e non ha più i genitori: è l’unica che l’avrebbe trascorso in comunità. L’ho portata a casa mia, dove ha passato il Natale con me e la mia famiglia. E ovviamente ha ricevuto i suoi regali! Come si chiama la comunità? “Legàmi familiari”… non potevamo scegliere nome migliore!”.

Penultima domanda: parlaci delle “tregue”. Cosa sono e come influenzano la vita della comunità?

Le tregue sono periodi brevi in cui accogliamo ospiti esterni. L’obiettivo è duplice: da un lato dare un po’ di sollievo alle loro famiglie, sulle quali spesso pesa il grande peso della cura dei figli, dall’altro permettere alla persona di sperimentare esperienze di vita fuori dal contesto casalingo. Sono momenti di stacco, di pausa dalla quotidianità, ma anche di crescita.

La loro presenza da noi, anche solo per un weekend o per un giorno, ravviva la comunità e ci permette di conoscere persone nuove. È una sfida gestire le esigenze di tutti (soprattutto di quei ragazzi che sono alla prima esperienza, alla prima nottata passata fuori casa!), ma ne usciamo sempre arricchiti…”.

Guardiamo al futuro: quali progetti per il domani di Legàmi Familiari?

Ora che abbiamo consolidato il servizio vogliamo aprirci di più, coinvolgendo genitori e vicinato. La comunità è al primo piano della Fabbrica del Chinino, un luogo aperto e integrato, e vogliamo mantenere questo spirito di apertura e condivisione. Stiamo progettando di invitare più persone da fuori e di sfruttare al massimo gli spazi della Fabbrica per arricchire ulteriormente la vita dei nostri ragazzi e del quartiere tutto”.

Di quel domani faranno sicuramente parte i nostri amici volontari

“Assolutamente! Sono una parte fondamentale delle nostre giornate. Portano qui un tesoro di idee, energie e competenze. Persone come il signor Aldo, che conduce il laboratorio creativo delle lampade, Gigi, che ogni martedì da 6 mesi accompagna i ragazzi al Discoparty o ci aiuta con l’attività di cura dell’orto. Penso a Loredana, un’ex collega ora in pensione, che continua a stare vicina ai suoi ragazzi… Il loro contributo va oltre il tempo che dedicano; è una testimonianza di come la solidarietà e l’empatia possano trasformare le vite.

Il mio appello è quindi aperto a tutti: se avete tempo, abilità o semplicemente la voglia di fare la differenza, venite a conoscerci. Legàmi Familiari non è solo un luogo di assistenza, è una casa di cuori aperti, dove ogni contributo conta!”

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